Storia della comunità del cascame

Le origini del rione Cascame

Nella omelia con cui si è presentato ai nuovi parrocchiani nel 2019 don Paolo Nagari – sesto parroco dalla fondazione della parrocchia di San Giuseppe al Cascame – ha concluso il suo discorso dicendo di augurarsi che la sua azione pastorale possa perdurare fino al 2035, poter celebrare il centenario di fondazione della parrocchia.
Se per celebrare il centenario della parrocchia occorre attendere ancora diversi anni, i cento anni della comunità dei cascamini sono già stati compiuti da tempo, sia pure senza celebrazioni particolari. Si può infatti far coincidere l’origine della comunità civile con la vita del nuovo stabilimento della Società per la Filatura dei Cascami di Seta (1896/1903).
Ed anche per i successivi 50 anni la storia del Cascame è strettamente legata all’industria che ha dato il nome al rione, sia pure riducendolo al singolare (Cascame deriva senza dubbio da Cascami Seta).
La Società per la Filatura dei Cascami di Seta è sorta in riva al lago Maggiore, a Meina, nell’anno 1872 con lo scopo di utilizzare gli scarti (i cascami) dell’allevamento del baco da seta e delle lavorazioni successive, per farne dei filati di seta pura, non meno pregiati ed apprezzati della seta greggia o seta tratta, ricavata direttamente dai bozzoli nelle filande.
Dal primo stabilimento di Meina, la Cascami si ingrandì rapidamente, sia costruendo nuove fabbriche sia assorbendo industrie pre-esistenti (Novara, Meina, Zugliano, Tarcento, Boltiere, Artegna, Jesi).
Verso la fine del XIX secolo era presidente della Cascami il conte Giuseppe Bonacossa, rappresentante in Parlamento del collegio elettorale di Vigevano.
Forse per incrementare l’industrializzazione del suo collegio elettorale, forse per ragioni di affetto al territorio, forse anche per suoi interessi personali, il conte Bonacossa riuscì a convincere il Consiglio di Amministrazione della Cascami a costruire un nuovo stabilimento a Vigevano.
Le prime opere edilizie iniziarono nel 1897 e nel 1899 entrò in funzione il primo reparto di lavorazione: «la macerazione».
Tra il 1900 ed il 1903 si completò l’intero processo produttivo e lo stabilimento si poté considerare ultimato.
Lo stabilimento sorse su terreni di proprietà dei Bonacossa, in una zona piuttosto lontana dalla città, occupata solamente da alcuni casolari e da cascinali di varie dimensioni, abitati prevalentemente da ortolani e frutticoltori, che di buon mattino portavano i loro prodotti al mercato “in città”.
Per il montaggio delle macchine e per l’avvio della produzione la Cascami trasferì tecnici e maestranze, con le loro famiglie, da altri stabilimenti della società, distribuiti in varie regioni d’Italia (bergamaschi, veneti, friulani, marchigiani).
Il primo nucleo della comunità, che sarebbe cresciuto rapidamente nel giro di pochi anni, fu perciò costituito da immigrati da diverse regioni, del tutto estranei a Vigevano.
Anche il numeroso personale femminile, necessario per quel tipo di lavorazione che richiedeva l’impiego di molta mano d’opera, fu reclutato in vari paesi della Lomellina, con la conseguente necessità di procurare per tali operaie un convitto, ove potessero rimanere almeno tutta la settimana e, in alcuni casi, anche per lunghi periodi. Un’ulteriore ragione per rendere quel primo nucleo del futuro rione Cascame ancor meno vigevanese ed estremamente composito.
A curarsi delle convittrici vennero a Vigevano le suore della Beata Capitanio, note come suore di Maria Bambina, esse pure estranee a Vigevano.

La prima cappella

Insieme con lo stabilimento, la Cascami Seta si era preoccupata di costruire un certo numero di case destinate ad ospitare i lavoratori provenienti da altri paesi, con le loro famiglie.
Considerata la distanza del rione dal centro della città, l’azienda si preoccupò della istruzione dei bambini, costruendo un apposito fabbricato per le prime due classi della scuola elementare. Si preoccupò pure delle necessità religiose delle convittrici e della popolazione del rione, destinando alcuni locali dello stabilimento a sacrestia e cappella, con apertura anche all’esterno.
Nel 1910 i dirigenti della Cascami Seta ufficializzarono la continuità del servizio religioso, chiedendo alle autorità ecclesiastiche un cappellano fisso, che a spese della Cascami stessa celebrasse la messa e si occupasse della istruzione catechistica degli operai e dei loro figli.

L’archivio parrocchiale contiene una serie di documenti del periodo precedente la costituzione della parrocchia. Tra essi è conservato anche il carteggio tra la Direzione della Cascami Seta di Milano ed il vescovo di Vigevano, monsignor Berruti, con la precisazione del compenso al cappellano e del numero di messe quotidiane da celebrare. La cappella fu inaugurata nel marzo 1910.
Quale primo cappellano fu nominato dal vescovo monsignor Berruti il reverendo padre Giovanni Balduzzi, degli Oblati dell’Immacolata, congregazione da poco istituita dallo stesso vescovo Berruti e da padre Innocente Cei.

Padre Giovanni Balduzzi, dei padri Oblati dell’Immacolata, primo cappellano del Cascame, nel locale sistemato nel fabbricato dello stabilimento della Cascami Seta

Una nuova cappella da “L’Araldo Lomellino” marzo 1910

La Società per la Filatura dei Cascami di Seta ha eretto nei locali del proprio stabilimento una Cappella, con accesso pubblico, soddisfacendo così il desiderio delle R.R. Suore della Carità della Veneranda Capitanio (che vi hanno la direzione delle operaie convittrici), delle operaie stesse e della popolazione ormai numerosa che abita nei pressi del Cascamificio.
Le predette Suore praticano da due anni circa un vero apostolato di sacrificio tra le operaie, fecondo di bene: il nuovo Oratorio darà loro un mezzo maggiore e più agevole per l’esercizio della loro nobile missione. Ne sia lode alla Spettabile Società, che l’atto generoso volle completare provvedendo anche, d’accordo con l’Autorità ecclesiastica, per un Sacerdote Cappellano che celebri nell’Oratorio, fornendo così ai suoi operai con il pane quotidiano l’alimento religioso, che è la vita dei popoli.   La cappella è dedicata a Maria Bambina e fu benedetta il giorno 1 del corrente mese dall’Illustrissimo e Reverendo Monsignor Cavalier Vincenzo Biroli, Pro Vicario Generale della Diocesi e Prevosto del Capitolo della Cattedrale.

La prima cappella

Nel 1910, il giorno 8 settembre, si ebbe la prima processione di Maria Bambina. Nell’archivio del convento di Milano delle suore Beata Capitanio è stato trovato una copia del notiziario “Sorrisi e Vagiti di Maria Bambina” del novembre 1910, in cui si fa la cronaca, nello stile del tempo, di quella che può essere considerata la prima celebrazione liturgica esterna della comunità del Cascame.
Padre Balduzzi, il sacerdote a cui per primo fu affidata la cura delle anime del Cascame, divenne successivamente una figura eminente del clero vigevanese. Il compito di diffondere il messaggio cristiano in quell’ambiente, estremamente eterogeneo e composito, era decisamente ingrato ed il vescovo Berruti fu molto lungimirante decidendo di affidare tale compito ad un sacerdote dalla forte personalità quale si rivelò padre Balduzzi. Egli infatti non si perse d’animo, affrontò la realtà con decisione e determinazione, riuscendo gradualmente a creare il primo nucleo della comunità cristiana che nel giro di meno di trent’anni sarebbe stata costituita in parrocchia.
Nel 1925 a padre Balduzzi, chiamato a Roma come segretario generale dell’Azione Cattolica per le attività sociali, successe padre Innocente Cei.

La targa che la comunità di San Giuseppe affisse nell’agosto del 1972 sulla parete del Salone ex-cinema, a ricordo di padre Cei, che per oltre 10 anni (da 1926 al 1935) svolse il suo ministero sacerdotale come cappellano della chiesa, costruita nel periodo della sua attività al Cascame, pur risiedendo presso i locali dei padri Oblati all’Immacolata. Si sobbarcava ogni giorno l’impegno di raggiungere la cappella, percorrendo a piedi la distanza non indifferente tra via Berruti e via San Giuseppe.

Padre Innocente Cei. 

Fu cappellano della nuova chiesa del Cascame dal 1925 al 1935, quando passò le consegne a don Carlo Perotti, forse con qualche delusione, perché umanamente si aspettava che la nuova parrocchia fosse assegnata a lui.